Dichiarazione di Marco D’Auria, segreteria regionale Slc Cgil Veneto:
“In questi giorni la stampa sta raccontando le difficoltà che incontra #PosteItaliane nel reclutamento di personale a tempo determinato per svolgere l’attività di portalettere nelle regioni del Nord.
Succede anche in Veneto.
Dal nostro osservatorio e sulla base del rapporto stretto con le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda, vogliamo però sottolineare alcune delle ragioni, secondo noi le principali, che concorrono a determinare questa situazione.
Oggi il mondo del precariato al recapito si regge su un modello di sfruttamento fatto di straordinario non pagato e dell’assenza di minime regole di sicurezza (durante il periodo estivo, per esempio, i portalettere della nostra regione non avevano le scarpe dpi).
Gran parte dei contratti, inoltre, hanno una durata trimestrale e vengono rinnovati preferibilmente a chi non rivendica i propri diritti.
Inoltre, i contratti vengono chiusi sistematicamente entro i 360/362 giorni dal loro avvio, evitando così il completamento di un anno pieno di lavoro (il massimo consentito dal Decreto Dignità). Questo inficia anche la speranza di future stabilizzazioni e favorisce logiche clientelari di gestione dei precari. Le singole giornate di contratto in più, utili a raggiungere i 365 giorni, sono infatti garantite solo a una parte dei lavoratori. Sembra poca cosa e invece può fare la differenza per un’assunzione a tempo indeterminato, essendo quello dell’anzianità di servizio uno dei criteri decisivi per le graduatorie.
E visto che il 95% circa dei portalettere vengono da fuori regione, quelli che mancano rinunciano a questa opportunità perché sanno che verranno scavalcati, nelle stabilizzazioni, da chi ha appunto la “fortuna” di aver lavorato appena qualche giorno in più.
A tutto ciò si aggiunge una politica di bassi salari che caratterizza storicamente non solo l’azienda, ma l’intero settore. Anche questo rende poco appetibile un percorso lavorativo in Poste Italiane”.